Emozioni in opera

Entrare all’interno di un teatro è sempre un’esperienza unica, già solcando la soglia si percepisce un’atmosfera differente, un mix tra cultura, divertimento, estro artistico e storia. Inutile dire che la scelta del posto non influisca sul risultato emozionale che l’intera opera, che sarebbe stata abilmente narrata sul palco, riesce a trasmettere. Accomodandomi nella terza fila, in una delle poltrone centrali, il sipario è l’unico ostacolo tra me e gli attori. Aperto anche quest’ultimo, tutto appare diverso. L’inizio è sempre emozionante, si è invasi da luci, suoni e colori. L’opera narrata è Una donna senza importanza di Orscar Wilde, commedia ottocentesca. In questa opera Wilde ha riportato la condizione delle donne e tutta la vita lussuriosa della nobiltà del tempo. I primi attori ad entrare in scena sono la signora Arbuthnot, ritenuta vedova da tempo.
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La storia della donna però è molto più intrecciata, i suoni invadono tutto lo stabile, ogni singola battuta viene percepita, infatti la prima donna lascia trapelare la bugia più importante della sua vita, ovvero il figlio illegittimo Gerald avuto da una storia passionale con Lord George Illingwort, durante l’adolescenza. Sul palco entra proprio il figlio Gerald con la moglie Hester, donna caparbia che non ammette il disagio provato dalle donne a causa dei capricci degli uomini, figura usata da Wilde come portatrice del suo pensiero. L’atto successivo vede come protagonista il figlio illegittimo che per caso fortuito viene assunto per un lavoro proprio dal padre genetico. L’opera riesce a trasmettere la doppia morale che lo scrittore esprime attraverso i suoi scritti, è come vivere una storia ottocentesca in prima persona. È proprio la figura di Lord George Illingwort che viene messa a nudo, un personaggio che lascia entrare inconsapevolmente nella sua vita un figlio rinnegato, riuscendo così a far riscattare l’onore perduto della signora Arbuthnot, donna che doveva giustificare con una menzogna il suo passato passionale e che gli aveva portato, come un tuono a ciel sereno, un figlio da dover crescere come ragazza madre.

Una rappresentazione teatrale

Difficile spiegare l’emozione che mi suscita ancora oggi, dopo tanti anni dalla mia prima volta da spettatore, andare a teatro. La mia passione per questa forma d’arte, che personalmente trovo tra le più toccanti, risale ormai a molto tempo fa, cioè ai tempi in cui ebbi la fortuna di vivere l’esperienza attraverso la scuola. Da quel giorno nacque in me un interesse che non si è mai spento e ancora oggi, a distanza di tanti anni, colgo l’occasione di andare a teatro appena posso. È vero che, al giorno d’oggi, sono tanti gli svaghi a disposizione, ma è anche vero che nessuno – neanche il cinema – è n grado di sostituire la magia di un’opera che prende vita sotto gli occhi di guarda.

L’ultima rappresentazione teatrale che ho avuto modo di vedere metteva in scena un’opera del grande Shakespeare, “Sogno di una notte di mezza estate”. Si tratta sicuramente di un’opera teatrale molto conosciuta, oggetto nel tempo di così tante versioni e rivisitazioni che se ne perde il conto.

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Eppure, l’emozione di poter assistere ancora una volta alla messa in atto di un capolavoro del ‘600, è una magia che tresmette immutata nel tempo tutta la forza di quest’opera. Se qualcuno mi chiedesse “Perché vai a teatro?”, forse mi troverei a dare una risposta diversa per ogni rappresentazione. Nel caso di “Sogno di una notte di mezza estate” posso dire che, ogni volta che si spengono le luci e si alza il sipario, lo spettatore è catturato per tutta la durata dello spettacolo in un mondo in bilico tra realtà e sogno. Immaginazione, dimensione onirica e mondo reale si stratificano e si fondono, creando una varietà di intrecci tra personaggi che solo la penna di Shakespeare poteva rendere capace di svelare con così tanta precisione la natura umana. I capricci dell’amore e del desiderio, intrighi, malintesi e un pizzico di suggestioni sovrannaturali sono solo alcune delle tematiche che rendono quest’opera molto più profonda e composita di quello che potrebbe sembrare.

La cosa più sorprendente dell’andare a teatro è scoprire come, ogni volta che il testo viene messo in scena, questo prende vita in maniera sempre diversa, comunicando la propria natura di creatura unica agli spettatori in sala. Guardandomi attorno a fine spettacolo, mentre gli attori calcavano per l’ultima volta il palcoscenico e raccoglievano i meritati applausi per le loro fatiche, ho capito una cosa. Parte del piacere dell’assistere a uno spettacolo di questo tipo, sta anche nel poter applaudire alla fine, per ringraziare la compagnia delle emozioni ricevute: quelle che caratterizzano ogni avvenimento mai ripetibile nello stesso identico modo.